Ci sono persone che incontriamo solo quando il nostro animo è disposto ad aprirsi al mondo, ed è così che su IG ci siamo imbattute in Orsobosco.
Per caso, se così vogliamo dire, anche se di causale crediamo ci sia stato poco.
Molto probabilmente ci si doveva incontrare proprio in questo preciso momento.
Così su IG MammaPigna si è lasciata incuriosire da un post in cui si parlava di un percorso individuale chiamato INTENTO SONORO che in 21 giorni aiuta nel viaggio di trasformazione di sé stessi attraverso il suono.
Abbiamo sempre pensato che la musica possa essere un veicolo per smuovere l’anima e sbloccare alcuni blocchi al nostro interno e Orsobosco, con il suo percorso di meditazione sonora, vuole essere veicolo proprio di questo.
Quattro chiacchiere con Orsobosco per scoprire il suo INTENTO SONORO
Chi è Orsobosco?
Orsobosco è il nome della parte più spirituale e connessa alla natura che ho. In realtà mi chiamo Marco, sono sposato, ho due figlie e … sono un quasi quarantenne in evidente crisi di mezza età.
Suono la batteria da quando ho 10 anni, sono passato dal suonare pop, al rock fino al metal per poi scoprirmi amante del suono delle campane tibetane e dei tamburi sciamanici.
La musica, dunque, ha sempre occupato una fetta importante della mia vita, sia da ascoltatore che da musicista.
Un paio di anni fa ho iniziato a sentire che il mio modo di fare musica cominciava a starmi stretto, non sentivo più di esprimermi per come avrei voluto. In qualche modo sentivo che ero limitato e che il motivo per cui suonavo non aveva più senso per me.
Così ho deciso di trovare una strada che facesse diventare la musica un mezzo di ulteriore espressione di me ma soprattutto che fosse realmente utile agli altri.
A quel punto dopo alcune ricerche ho deciso di iscrivermi al corso della scuola Rinascere Nel Suono attraverso la quale mi sono qualificato come Operatore Olistico del Suono.
Nonostante vedessi quel tipo di cose e di mondo come un qualcosa per fricchettoni con un passato da superare, senti che era quella la strada.
Così ho scoperto che suonare poteva essere qualcosa di più del semplice esibirsi, ma poteva avere una valenza di aiuto e supporto per me e per gli altri.
Da dove nasce il nome Orsobosco?
Questo nome mi è stato dato alla fine di un cammino che ho fatto estate scorsa. Ho camminato con altri 15 uomini sulla via di S.Francesco in un percorso che non aveva niente di religioso ma con un valore di ricerca spirituale importante per me.
Alla fine del cammino dovevamo scrivere una suggestione che avevamo su ognuno di noi.
Nel foglio che mi è stato recapitato qualcuno aveva scritto: “Forte come un orso, profondo come il bosco”.
La cosa mi ha commosso e si impressa nel mio profondo tanto da diventare il mio nome spirituale.
Quando hai deciso di intraprendere questo percorso che ti ha portato poi alla nascita degli intenti sonori?
Il percorso come dicevo inizia quando decido di frequentare la scuola per diventare operatore olistico del suono. Da lì la strada è stata tortuosa e piena di incertezze.
Con l’inizio del 2021, complice anche la spinta ricevuta da questo 2020 così anomalo, ho deciso di immergermi totalmente in questa mia passione che è ormai diventata grande strumento di espressione.
Fino a qualche mese fa facevo trattamenti sonori dal vivo ma, data la situazione di distanziamento, ho provato a pensare a un’alternativa a distanza senza sapere bene dove andare a parare.
Così, come nella maggior parte delle cose che poi si sono dimostrate giuste per me, ho improvvisato.
Un giorno ho scritto su Instagram che offrivo in dono trattamenti sonori a distanza a chi sentiva di volerli ricevere. A caso. Senza sapere come farli e con che mezzi.
Mentre prendevo le prime adesioni e i primi appuntamenti l’ansia da prestazione mi ha permesso di attivare subito tutte le mie intenzioni più profonde e , a dimostrazione del fatto che ero sulla strada giusta, tutto quanto si è allineato perché la strada potesse delinearsi.
Ho trovato chi mi ha aiutato a trovare l’attrezzatura giusta, chi mi ha dato consigli, ho acquistato ciò che mi serviva trovandoli sul mercato dell’usato a prezzi che non avrei mai pensato.
In qualche maniera è come se l’Intento Sonoro fosse venuto da me e mi avesse spiegato a suon di eventi e segnali in che modo avrei dovuto esprimerlo.
In cosa consiste il percorso di intento sonoro?
Ho preso spunto dai trattamenti sonori che facevo in presenza e li ho fatti diventare un percorso di 21 giorni.
A seguito di una videochiamata preliminare decido insieme alla persona qual è l’intento su cui andare a lavorare. Registro un audio personalizzato utilizzando campane tibetane, tamburi e voce, in cui inserisco quell’intento e lo invio alla persona, la quale la utilizza per effettuare delle meditazioni guidate sonore per una settimana.
La settimana dopo ci sentiamo di nuovo e capiamo cosa è emerso, se ci sono cose da condividere etc. Con questo definiamo il passo successivo, registro un nuovo audio e andiamo avanti così per 3 settimane alla fine delle quali abbiamo piantato un seme molto profondo con il quale si può pensare di iniziare un nuovo modo di essere.
Le meditazioni restano in possesso della persona che ovviamente ne dispone come meglio crede anche dopo il percorso.
Da poco ho anche inserito la possibilità di usare ciò che emerge per aiutare a trovare la campana tibetana più adatta al proprio modo di essere e di sentire.
Cosa rimane a Orsobosco alla fine di ogni percorso?
Quando lavoro così profondamente con gli altri allo stesso tempo lavoro con quel pezzetto di me che l’altra persona rappresenta. Ogni volta è come portare luce su alcuni aspetti di me e tornare ad accoglierli grazie alla forza e il coraggio che le persone che vengono da me dimostrano.
Mi rimane un grande senso di gratitudine, anche quando le cose non vanno esattamente come pensavi. Perché l’insegnamento sta anche lì, nel fatto che è tutto perfetto così com’è, così come si presenta.
Una della prime cose che ci hai detto è che dopo le 19 stacchi il telefono per dedicarti alla famiglia, come riesci a conciliare tutto?
Non lo faccio.
Però ciò che provo a fare è darmi dei confini.
Per anni non sono riuscito ad essere presente per la mia famiglia, preso da chimere lavorative e la voglia di performare ed essere sul pezzo.
Senza limiti.
Pensavo che quella fosse la libertà.
Poi ho capito che è nei confini che sta la mia libertà. È nel sapere dire “questo è quanto basta”.
È un esercizio che continuo a tentare di portare nella vita cercando continuamente di capire quanto riesco a definire confini che condivido a pieno, in libertà e con consapevolezza.
Detto questo, vorrei anche evitare di divorziare da una donna che amo.
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